Rispondere a questa domanda è tutt’altro che banale.
Per cercare di farlo, abbiamo testato il nostro modello sui dati della Germania, dove la fase discendente dell’epidemia è già in atto da circa 3 settimane. In questo periodo, il numero di infetti attivi in quel paese si è più che dimezzato, passando da 70.000 a poco più di 30.000.
L’ultimo bollettino del Robert Koch Institute parla di un valore di R0 compreso tra 0.59 e 0.82 con una probabilità del 95%. Cogliamo l’occasione per ribadire, smentendo nuovamente le notizie fatte circolare da una parte della stampa italiana, che la curva degli infetti attivi è costantemente in discesa e non c’è stata alcuna ripartenza dell’epidemia.
Proviamo, dunque, ad utilizzare il nostro modello sui dati tedeschi (fonte Johns Hopkins University). Per farlo, prendiamo tutti i dati relativi alla discesa dell’epidemia, ovvero quelli degli ultimi 25 giorni. Usando il nostro modello e assumendo che gli infetti rimangano tali per un periodo medio di 14 giorni (1/gamma=14 per i più tecnici, ossia dopo 14 giorni gli infetti diventano rimossi (guariti o deceduti)), troviamo un valore di R0 pari a 0.52 (questo dato è diverso da quello riportato sulla nostra mappa europea: il valore di 0,24 è infatti calcolato, come per tutti gli altri paesi nella mappa, su un intervallo di cinque giorni). La descrizione completa della procedura che adottiamo per il calcolo di R0 si trova qui.
Dunque, ne risulta che siamo un po’ troppo ottimisti rispetto al RKI! Tuttavia è possibile ripristinare l’accordo con le stime dell’istituto di ricerca tedesco assumendo un tempo di risoluzione inferiore o uguale a 12 giorni. Per tempo di risoluzione intendiamo l’intervallo che passa tra la registrazione di un paziente positivo e la sua uscita dal numero di casi attivi, in seguito a guarigione o decesso. Questa riduzione essere giustificata dal fatto che, in effetti, i tempi di risoluzione di casi di COVID-19 in Germania sembrano effettivamente più brevi, visto che, su un totale di 163.009 infetti dall’inizio dell’epidemia in quel paese, soltanto 32.886 erano ancora attivi al primo maggio: considerando 45 giorni di intervallo (il 15 marzo erano 5.813, quindi questo può essere un buon punto per iniziare una serie stimabile in modo congruo) e sottraendo da entrambi i totali fino a quella data, avremmo 124.310 casi risolti (il 95 per cento dei quali guariti, detto per inciso) in quel lasso di tempo.
Un’altra ragione per spiegare questa discrepanza potrebbe essere fornita dallo stesso RKI nel bollettino citato: “The nowcasting and the R-estimate include all transmitted cases with onset of disease up to 3 days before data status. Cases with a more recent onset of the disease were not taken into account as they had not yet been transmitted in sufficient numbers and would lead to unstable estimates”. In altre parole, l’istituto tedesco avrebbe depurato il dato dagli infetti appena trovati, perché non ne sarebbe valutabile appieno la portata infettiva. Noi non disponiamo di un dato così preciso, per cui non possiamo seguire questa prassi, ma è chiaro che in questo modo il valore di R0 tende a salire, il che è certamente consigliabile per avere una stima più prudenziale.
Torniamo in Italia, ripetendo lo stesso procedimento, sempre con i dati Johns Hopkins. In questo caso prendiamo i dati degli ultimi 13 giorni, dato che il picco degli infetti attivi in Italia si è verificato il 20 Aprile, a quota 108.000.
Cominciamo col dire che la discesa in Italia è più lenta di quella della Germania. Applicando lo stesso procedimento illustrato sopra, troviamo per l’Italia un R0 = 0.92, relativo agli ultimi 13 giorni di dati. Sul nostro sito al momento troviamo R0=0.95, poiché la stima che presentiamo è relativa agli ultimi 5 giorni, per riflettere meglio la situazione recente. In particolare, l’ultimo valore riportato è influenzato dal fatto che due giorni fa c’è stata una giornata particolarmente positiva, con un calo di circa 3000 unità tra gli infetti attivi.
Il valore trovato da noi è molto superiore rispetto al valore trovato dall’ISS, che quota R0=0.4 per l’Italia. Come possiamo spiegare questa differenza?
Dal confronto con i dati tedeschi sembra che il nostro modello sia un po’ ottimista e siamo in grado di trovare l’accordo col RKI riducendo il tempo medio di risoluzione da 14 a 12 giorni. Per quanto riguarda il confronto con l’Italia la situazione è opposta e il nostro modello sembra eccessivamente pessimista.
C’è, però, da rimarcare un aspetto fondamentale. Stando ai dati del Johns Hopkins e della protezione civile, la discesa dell’epidemia in Italia procede più lentamente che rispetto alla Germania. Dunque il fatto che R0 in Italia sia maggiore di R0 in Germania, come viene fuori dai nostri calcoli, è tutt’altro che sorprendente.
In conclusione dal confronto con i dati della Germania non riscontriamo anomalie evidenti nel nostro modello e nella nostra procedura per il calcolo di R0. Semmai potremmo peccare di eccessivo ottimismo nella stima di R0. Riteniamo dunque possibile che l’Istituto Superiore di Sanità abbia a disposizione ulteriori dati, che differiscono da quelli pubblicati quotidianamente dalla protezione civile e dalla Johns Hopkins.
