Proviamo ad affrontare la questione delle app di digital contact tracing per COVID-19 scendendo nei dettagli tecnici, senza trascurare l’approfondimento degli aspetti economici e legali.
Prima di avviare la vera e propria serie di articoli dedicata al tema, vogliamo però sgombrare il campo dai dubbi che circolano in Rete sulla rilevanza stessa di un’analisi di questo tipo.
A tale riguardo, infatti, la memesfera è popolata da battute la cui ricerca di semplificazione della realtà tramite condivisione virale su social network fa da perfetto contraltare alle complessate avventure internettiane dei complottisti a tempo pieno.

Non è propriamente un meme (quelli in cui siamo incappati non ci piacevano esteticamente), ma la vignetta qui sopra esprime bene il concetto (ed è anche carina dal punto di vista grafico).
Per smontare le improprie razionalizzazioni che spesso caratterizzano il “debunking d’assalto”, basterà osservare che:
- Le “app normali” che abbiamo quasi tutti in uso nel mondo occidentale fanno capo ad aziende che, anche quando dimensionalmente grandi ed economicamente capienti, possono fare un ricorso limitato ai tre poteri coercitivi classici e al quarto potere di persuasione mediatica.
- Il vero problema di privacy, indubbiamente grave, posto dalle “app normali” di cui sopra non risiede, infatti, negli abusi illegali perpetrati contro gli utenti, ma nello sfruttamento economico dei dati raccolti, una pratica perfettamente legale e regolamentata (male secondo molti, ma non entriamo nel merito in questa sede).
- Il contact tracing è una pratica di salute pubblica che, una volta elevata alla potenza del digitale, è risultata talmente nuova e problematica a livello di sorveglianza tecnologica da richiedere lo studio e lo sviluppo di appositi protocolli di sicurezza e riservatezza, impensabili per le “app normali” pre-coronavirus.
- Se l’implementazione di un’app anti-coronavirus prevedesse l’esigenza tecnica di una base installata corrispondente a una percentuale maggioritaria della popolazione, il difficile raggiungimento dell’obiettivo su base volontaria potrebbe aprire un delicatissimo capitolo legislativo e giurisprudenziale affatto nuovo.
Pare che l’app Immuni scelta dal Governo italiano richieda una base installata pari almeno al 60% delle persone, ma i cittadini potranno scegliere se installarla o meno sui propri dispositivi. - Se poi alla stessa app anti-coronavirus fosse anche richiesto di fornire “patenti d’immunità”, al fine di permettere o vietare la libera circolazione sul territorio nazionale e il libero svolgimento della vita pubblica, economica e sociale, si delineerebbero profili di rilevanza costituzionale.
L’app scelta dal Governo italiano si chiama appunto Immuni, nonostante l’immunità da coronavirus rappresenti a tutt’oggi una pretesa priva di fondamento scientifico.
Inizialmente alcune ricostruzioni giornalistiche, poi smentite dal commissario Arcuri, hanno riportato notizia di una possibile obbligatorietà de facto attraverso limitazioni di movimento imposte ai cittadini privi della “patente” fornita dall’installazione dell’app. - Last but not least, paradossalmente le app stesse di digital contact tracing per COVID-19 possono rappresentare un potenziale formidabile cavallo di Troia per la pervasività tecnologica del quinto potere all’interno di sistemi sanitari nazionali ancora arretrati nel processo di digitalizzazione, come quello italiano.
A seconda dell’implementazione tecnica e della quantità d’informazioni raccolte, il fornitore informatico si troverebbe in una posizione di grande vantaggio anticompetitivo nell’assegnazione di future commesse in ambito sanitario e nella realizzazione di nuove applicazioni di telemedicina.
La “dietrologia” sulla struttura societaria a cui fa capo l’app Immuni non è poi esercizio così sterile in fin dei conti.
Sgomberato il campo dalle facili banalizzazioni tipiche dei messaggi a cui ci costringe il medium social network, nel corso delle prossime settimane analizzeremo le proposte di applicazioni per il tracciamento digitale dei contatti in funzione anti-coronavirus in tutte le loro sfaccettature pratiche e filosofiche.