L’ultima novità del nostro sito non è un modello statistico particolarmente sofisticato, non ha nessuna ambizione di prevedere come andranno le cose e non fa nemmeno nessun lavoro di interpretazione dei dati. Si tratta, al contrario, di una rappresentazione molto semplice di un dato ampiamente disponibile: calcoliamo i nuovi infetti registrati negli ultimi sette giorni in ogni provincia e rapportiamo questo numero a quello degli abitanti; infine, raffrontiamo questo dato a una soglia di rischio, pari a 50 nuovi casi ogni 100mila abitanti negli ultimi sette giorni. Al di sopra di questa soglia si è in zona di pericolo.
Non è nulla di originale; anzi, siamo ben contenti di averlo copiato. Si tratta del cosiddetto Notbremse (freno di emergenza) introdotto ufficialmente in Germania il 6 maggio, nel quadro del pacchetto di misure di allentamento delle restrizioni: dove la soglia viene superata, si torna a chiudere e a limitare le attività. Questo criterio è molto importante, dato che fornisce un indicatore chiaro, univoco, uniforme e accessibile definito nello stesso contesto delle misure di allentamento, permettendo al governo di avere un principio guida e alla popolazione di controllare lo stato di rischio: come in molti altri casi, ci piacerebbe che in Italia esistessero simili condizioni di razionalità e trasparenza.
In Germania, questo criterio è applicato a livello di Kreis, ossia di circondario, che è una suddivisione interna ai diversi Länder. Nella repubblica federale, esistono 296 Kreise, a cui si aggiungono 107 centri urbani di una certa importanza e le tre città stato di Amburgo, Brema e Berlino, a sua volta divisa in 11 Bezirke (circoscrizioni). Per quanto riguarda il Notbremse, ognuna di queste suddivisioni vale come unità di base: di conseguenza, il territorio tedesco è suddiviso in 416 diversi ambiti territoriali, ognuno dei quali con la propria soglia di rischio.
Questo è un aspetto molto importante, dato che un sistema di allarme di questo genere è tanto più efficace quanto più localizzato, sia perché così si limita l’impatto delle eventuali misure di chiusura, sia perché in questo modo i possibili nuovi focolai vengono individuati e (auspicabilmente) neutralizzati quando sono ancora ragionevolmente piccoli.
In Italia la suddivisione amministrativa più piccola per la quale abbiamo dati quotidianamente aggiornati è la provincia: considerando che ce ne sono 107, questa suddivisione è ovviamente molto meno specifica rispetto a quella tedesca, con il risultato che focolai localizzati possono essere scoperti con meno efficacia. Altro aspetto importante, la soglia è fissata rispetto alle esigenze del contesto tedesco, che presenta rischi molto minori di saturazione del sistema sanitario. Inoltre, il loro sistema di diagnosi, tracciamento e terapia, molto più efficiente e omogeneo del nostro, fornisce un ragionevole margine di certezza sui casi riscontrati, mentre in Italia, almeno in alcune regioni, si può pensare che ci siano ancora molti casi non diagnosticati.L’ideale sarebbe avere dati su una base locale più ristretta (ad esempio, di ASL) e, forse, abbassare la soglia di riferimento. Tuttavia, pensiamo che questo indicatore possa essere utile a dare un’immagine attendibile della distribuzione del rischio sul territorio nazionale. In particolare, possiamo vedere con chiarezza che nel Nord Ovest la situazione è ancora abbastanza preoccupante, specie in alcune province lombarde. Forse introdurre criteri univoci per adottare misure differenziate per territorio sarebbe opportuno, invece di perdere tempo in discussioni un po’ bizantine su divieti e concessioni.