Confinamento – quanto ci è costato e quanto abbiamo risparmiato?

Il confinamento è stata una dura prova per tutti, dal punto di vista sociale, economico, psicologico e quant’altro. Il prezzo che ciascuno di noi ha pagato è difficilmente quantificabile: chiaramente, il prezzo che percepiamo in termini personali è irriducibilmente soggettivo. La domanda che in molti ci poniamo è allora: ma ne è davvero valsa la pena? Non sarebbe stato meglio, forse, seguire un modello alla svedese, senza confinamento forzato e che salvasse l’economia italiana dallo sfacelo?

Non voglio entrare nei particolari di questo supposto sfacelo, ammesso che si sia davvero prodotto in modo irrimediabile e, in caso, che possa essere integralmente imputato al lockdown e non a fattori ben più profondi, che il lockdown potrebbe aver soltanto evidenziato. La questione viene ben espressa, per quanto in modo banale, dalla classica domanda, più o meno retorica, che troviamo sui social: “A che cosa è servito il lockdown? Alle fine non ci sono stati tanti contagi come erano stati annunciati!” È chiaro, almeno per me, che non ci sono stati perché c’è stato il confinamento. Ma allora, quanti contagi ci sarebbero stati se non si fosse fatto il confinamento? E quanti soldi ci è costato, oppure quanti ne abbiamo risparmiati rispetto al collasso sanitario?

A pochi giorni dalla fine del lockdown siamo ad oggi a circa 220.000 testati positivi. Per avere il totali dei contagiati, inclusi gli asintomatici, si dovrebbe moltiplicare questo numero per un fattore compreso tra 3 (secondo le stime di Ilaria Capua, corroborate anche dagli studi su Vo’ Euganeo e Gangelt) e 10 (secondo le stime dell’Imperial College, oggetto però di crescente scetticismo), quindi diciamo tra 0,5 e 2 milioni di malati con o senza sintomi, corrispondenti ad una percentuale tra lo 0,6 e il 3% della popolazione dello Stivale. Sempre secondo le stime ufficiali, il Covid-19 ha fatto ad oggi circa 30.000  morti (anche se molti dicono che il numero reale sia da moltiplicare per un altro fattore tra 1,2 e 1,5).

Il lockdown è costato al paese una cifra difficile da definire. Buttando giù una stima grossolana, potremmo dire che due mesi di PIL persi al 30% fanno circa 90 miliardi di euro (soldi persi per lo più dalle aziende italiane e quindi dal tessuto economico), più vari interventi di recupero per altri circa 60 miliardi (essenzialmente debito che dovremo pagare nei prossimi lustri con sudore e lacrime), fanno (molto) a spanne 150 miliardi. In risk managment, si calcola un costo unitario per persona morta di circa 1 milione, per cui bisogna aggiungere almeno 30 miliardi di euro per monetizzare le perdite umane. In totale fa circa 180 miliardi! Scusate il cinismo, ma questo è quanto!

Nel caso ipotetico che non si fosse fatto il lockdown, il numero degli infetti sarebbe salito molto più in alto. Un modello di base é quello della crescita esponenziale. Questo modello può funzionare solo fino ad un certo punto, perché raggiunge abbastanza velocemente la totalità della popolazione. Secondo un modello più ragionevole, il modello SIR descritto sul nostro sito, al picco si sarebbe avuto un numero di infetti dell’ordine del 45% della popolazione. Tenendo conto di altri possibili effetti benefici, incluso un ipotetico effetto di gregge parziale, possiamo stimare intorno a 10 milioni di positivi. In questo caso pero’ anche il tasso di mortalità sarebbe cresciuto per via del collasso del sistema sanitario, quindi avremmo ipoteticamente avuto un numero di morti dell’ordine dei 300 000.

Il ‘costo’ in questo caso sarebbe solo quello relativo alle perdite umane per un totale di circa 300 miliardi, più di un sesto del nostro PIL annuale! Dal punto di vista del risk managment con il lockdown, seppur con i difetti di applicazione, abbiamo avuto un risparmio di circa 120 miliardi. E di 270.000 vite umane! A queste condizioni, possiamo dire che il ricorso a misure di contenimento sia conveniente anche dal punto di vista meramente economico. Al tempo stesso, resta aperto il tema dell’appropriatezza delle diverse misure e, soprattutto, dell’insieme di altri interventi sanitari e sociali, che avrebbero probabilmente permesso una gestione migliore dell’epidemia, con meno casi, meno morti e forse anche una chiusura meno lunga. Senza nulla togliere alla necessità del distanziamento, ricordiamo che le misure tedesche, molto meno drastiche delle nostre, sono rimaste in vigore per quattro settimane invece delle otto italiane, con risultati molto migliori e, ovviamente, costi economici assai minori.

Fabrizio Croccolo
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Professor , UPPA
Dopo un Dottorato in Fisica a Milano, e 4 anni di postdoc a Milano-Bicocca, ho lavorato in Francia e Svizzera su diversi temi sperimentali dai fluidi ai plasmi e dall’ottica agli esperimenti in microgravità. Dal 2018 ad Anglet (FR) dirigo un una Cattedra Industriale sullo stoccaggio di CO2 per limitare il riscaldamento globale finanziato da E2S UPPA, TOTAL, BRGM e il CNES.
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Fabrizio Croccolo
Professor , UPPA
Dopo un Dottorato in Fisica a Milano, e 4 anni di postdoc a Milano-Bicocca, ho lavorato in Francia e Svizzera su diversi temi sperimentali dai fluidi ai plasmi e dall’ottica agli esperimenti in microgravità. Dal 2018 ad Anglet (FR) dirigo un una Cattedra Industriale sullo stoccaggio di CO2 per limitare il riscaldamento globale finanziato da E2S UPPA, TOTAL, BRGM e il CNES.
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