Nello studio nella gestione epidemiologica di qualsiasi infezione e, i casi asintomatici sono motivo di notevole preoccupazione. La difficoltà di definire la consistenza e rilevanza di questi casi, infatti, complica il tracciamento dell’epidemia e impedisce stime affidabili di trasmissione, tracciabilità e strategie di tracciamento per contenere l’epidemia mediante isolamento e quarantena. Questa è stata ed è ancora una preoccupazione molto significativa per l’attuale pandemia di COVID-19.
La possibilità di trasmissione asintomatica dei casi di COVID-19 è stata sollevata per la prima volta per un caso clinico in Cina, in cui si presumeva che un viaggiatore di Wuhan avesse trasmesso l’infezione ad altri 5 membri della famiglia in altre località, mentre era rimasto asintomatico per tutti i 21 giorni successivi. Successivamente, l’epidemia sulla nave da crociera Diamond Princess ha -mostrato una proporzione sostanziale di casi asintomatici dopo test diffusi su passeggeri ed equipaggio. Una prima rapida revisione da parte del Center for Evidence Based Medicine di Oxford ha rilevato che la percentuale stimata di casi di COVID-19 asintomatici variava dal 5 all’80 per cento. Tuttavia, molti degli studi identificati erano eseguiti o documentati in modo insufficiente, il che rendeva discutibile la validità di queste stime.
Ora, molte ‘evidenze’ suggeriscono che una persona infetta su cinque, circa, non presenterà sintomi e trasmetterà il virus a un numero significativamente inferiore di persone rispetto a una con sintomi[1]. Ma i ricercatori sono divisi nel ritenere se le infezioni asintomatiche agiscano come un “motore silenzioso” della pandemia, o meno .
Sebbene vi sia una crescente comprensione delle infezioni asintomatiche, i ricercatori affermano che le persone dovrebbero continuare a utilizzare misure per ridurre la diffusione virale, compreso il “distanziamento sociale” e l’uso di mascherine, indipendentemente dal fatto che abbiano sintomi.
Il problema, quando si tratta di fornire una cifra attendibile sul tasso dei contagiati asintomatici da COVID-19, è quello di distinguere tra persone asintomatiche e presintomatiche. Lo afferma Krutika Kuppalli, ricercatrice di malattie infettive presso la Medical University of South Carolina a Charleston. “Asintomatico è qualcuno che non ha mai sviluppato sintomi durante il corso della malattia, mentre pre-sintomatico è qualcuno che ha sintomi lievi prima che continuino a svilupparsi appieno i sintomi”, dice Kuppalli. Secondo la ricercatrice, non esiste nemmeno una definizione standardizzata accettata di questo.
Qualche ricerca all’inizio della pandemia suggeriva che il tasso di infezioni asintomatiche potesse superare l’80 per cento[2]. Ma una meta-analisi[3], che includeva 13 studi che hanno coinvolto 21.708 persone in totale, ha calcolato che il tasso di “presentazione asintomatica” fosse del 17 per cento. L’analisi ha definito le persone asintomatiche come “quelle che non hanno mostrato nessuno dei sintomi chiave del COVID-19 durante l’intero periodo di follow-up” e gli autori hanno incluso soltanto studi che hanno seguito i partecipanti per almeno sette giorni. Le “evidenze” suggeriscono che la maggior parte delle persone sviluppa sintomi in 7-13 giorni, afferma l’autore principale Oyungerel Byambasuren, ricercatore biomedico presso l’Institute for Evidence-Based Healthcare della Bond University di Gold Coast, in Australia.
In particolare, le ”evidenze” sono state cercate su PubMed, Embase, Cochrane COVID-19 e Europe PMC (che copre piattaforme di prestampa come MedRxiv). Il lavoro ha incluso studi primari che riportano la prevalenza asintomatica in casi nei quali: (a) il quadro campione include la popolazione a rischio e (b) il follow-up è stato sufficientemente lungo per identificare i casi presintomatici. La meta-analisi ha utilizzato modelli a effetti fissi ed effetti casuali ed è molto importante che il rischio di bias sia stato monitorato combinando le domande adattate con strumenti per studi di prevalenza e accuratezza diagnostica.
Veniamo ai ”risultati”. Sono stati esaminati 2.454 articoli e inclusi 13 studi a basso rischio di bias da sette paesi che avevano testato 21.708 persone a rischio, di cui 663 erano positive e 111 asintomatiche. La diagnosi in tutti gli studi era stata confermata utilizzando un test RT-PCR. La proporzione di casi asintomatici variava dal 4 al 41 per cento. La meta-analisi (effetto fisso) ha rilevato che la proporzione di casi asintomatici era del 17 per cento in generale; nell’assistenza agli anziani era maggiore del 20 e in quella ai non anziani minore del 16. Cinque studi hanno fornito prove dirette della trasmissione dell’infezione da parte di casi asintomatici. Nel complesso, c’era un rischio relativo inferiore del 42 per cento di trasmissione asintomatica rispetto alla trasmissione sintomatica.
Lo stesso studio precisa che le stime effettuate sulla prevalenza di casi di COVID-19 asintomatici e sui tassi di trasmissione asintomatica, nonostante siano inferiori rispetto a molti studi definiti “altamente pubblicizzati”, sono comunque sufficienti per garantire l’attenzione e sono urgentemente necessarie ulteriori solide prove epidemiologiche.
Uno dei motivi per cui gli scienziati vogliono sapere con quale frequenza le persone senza sintomi trasmettono il virus è che queste infezioni in gran parte non vengono rilevate, anche perché in molti paesi i test sono spesso ancora rivolti in prevalenza a coloro che presentano sintomi.
In un altro ampio studio sulla popolazione a Ginevra, in Svizzera, i ricercatori hanno modellato la diffusione virale tra le persone che vivono insieme. In un articolo pubblicato su medRxiv[4], riportano che il rischio che una persona asintomatica trasmetta il virus ad altri nella propria casa è circa un quarto del rischio di trasmissione da una persona sintomatica.
Sebbene vi sia un minor rischio di trasmissione da persone asintomatiche, esse potrebbero comunque presentare un rischio significativo per la salute pubblica perché hanno maggiori probabilità di essere fuori nella comunità che isolate a casa. Lo afferma Andrew Azman, epidemiologo di malattie infettive presso il Johns Hopkins Bloomberg School of Public Health di Baltimora, nel Maryland, che ha sede in Svizzera ed è stato coautore dello studio: “L’effettivo peso sulla salute pubblica di questo enorme pool di asintomatici interagenti nella comunità probabilmente suggerisce che una parte considerevole degli eventi di trasmissione proviene da trasmissioni asintomatiche”.
Ma altri ricercatori non sono d’accordo sulla misura in cui le infezioni asintomatiche stanno contribuendo alla trasmissione nella comunità.
Per esempio Muge Cevik, ricercatore in malattie infettive presso l’Università di St Andrews, Regno Unito, sottolinea che, poiché la maggior parte delle persone infette è sintomatica, concentrarsi sulla loro identificazione eliminerà probabilmente la maggior parte degli eventi di trasmissione.
Per capire cosa sta succedendo nelle persone senza sintomi, Cevik e colleghi hanno condotto una revisione sistematica e una meta-analisi[5] di 79 studi sulle dinamiche virali e sulla trasmissibilità di SARS-CoV-2. Alcuni studi hanno dimostrato che quelli senza sintomi avevano cariche virali (il numero di particelle virali presenti in un tampone faringeo) iniziali simili rispetto alle persone con sintomi. Ma le persone asintomatiche sembrano eliminare il virus più velocemente e sono contagiose per un periodo più breve.
Il sistema immunitario degli individui asintomatici potrebbe essere in grado di neutralizzare il virus più rapidamente, afferma Cevik. Ma ciò non significa che queste persone abbiano una risposta immunitaria più forte o più duratura – e ci sono “evidenze” che le persone con COVID-19 grave hanno una risposta anticorpale neutralizzante più sostanziale e duratura, sempre secondo Cevik.
Sebbene ora ci sia una migliore comprensione delle infezioni asintomatiche e della trasmissione di COVID-19, Cevik afferma che le persone asintomatiche dovrebbero continuare a utilizzare misure che riducono la diffusione virale, come il distanziamento sociale, l’igiene delle mani e l’uso di una mascherina.
In definitiva, sebbene alcuni comportamenti collettivi sembrino all’atto pratico non dimostrarne sempre la piena consapevolezza, è proprio per questo il caso di ribadire che la salute di ciascun essere umano dipende inevitabilmente da quella degli altri e viceversa.
[1] Cfr. ad es. Bianca Nogrady, What the data say about asymptomatic Covid infections, Nature | Vol 587 | 26 November 2020 in https://media.nature.com/original/magazine-assets/d41586-020-03141-3/d41586-020-03141-3.pdf.
[2] Si trattava dell’articolo di Ing AJ, Cocks C, Green JP, COVID-19: in the footsteps of Ernest Shackleton Thorax 2020;75:693-694, in https://thorax.bmj.com/content/75/8/693.full.
[3] E’ lo studio di O.Byambasuren, M.Cardona, K.Bell, J.Clark, M.L.McLaws, P.Glasziou, Estimating the extent of asymptomatic COVID-19 and its potential for community transmission: Systematic review and meta-analysis, J. Assoc. Med. Microbiol. Infect. Dis. Can. Published Online October 09, 2020 in https://doi.org/10.3138/jammi-2020-0030.
[4] Cfr. Q. Bi, J.Lessler, I.Eckerle, S.A.Lauer et al. for the SEROCoV-POP Study Group, Household Transmission of SARS-COV-2: Insights from a Population-based Serological Survey, medRxiv 2020.11.04.20225573; doi: https://doi.org/10.1101/2020. 11.04.20225573.
[5] Cfr. X. Qiu, A.I. Nergiz, A.E. Maraolo, I.I. Bogoch, N.Low, M. Cevik, Defining the role of asymptomatic and pre-symptomatic SARS-CoV-2 transmission – a living systematic review, medRxiv 2020.09.01.20135194; doi: https://doi.org/10.1101/2020.09.01.20135194.
Caro Sergio,
come sempre ho trovato il tuo articolo molto scorrevole ed adatto ad una breve lettura in grado di fornire spunti importanti per ulteriori ricerche e riflessioni. Come cita il tuo stesso articolo, ancora oggi (dopo svariati mesi di studi) si fatica a capire la reale differenza sulla trasmissione dei contagi tra soggetti asintomatici e soggetti che presentano sintomi. Credo che ancora una volta i dati ottenuti con RWE saranno molto preziosi.
Un caro saluto e ancora una volta complimenti per l’articolo
Caro Alessio, grazie mille, sono contento quando riusciamo a comunicare concetti spesso complessi a un pubblico il più vasto ed eterogeneo possibile! In più, in questo spazio ci occupiamo specificamente di un vero e proprio “flagello” per l’umanità intera, la quale sta affrontando attonita e sgomenta perdite notevolissime non solo e non tanto dal punto di vista economico, ma soprattutto in termini di vite umane!! Purtroppo sul ruolo dei “diversamente sintomatici” il dibattito scientifico è in pieno svolgimento, ma sicuramente il contributo delle RWE si rivelerà ancora una volta fondamentale per gli sviluppi. Grazie di nuovo per un supporto così qualificato, un caro saluto.
E’ evidente che la lotta all’identificazione della popolazione asintomatica si dimostrerebbe l’unico rimedio (oltre a quello dell’immunizzazione di gregge) per tenere sotto controllo/debellare l’infezione da SARS-CoV-2. Occorre tenere presente che sono migliaia i casi di contagio anche tra persone paucisintomatiche, nella fattispecie con sintomi lievi (un banale raffreddore, tanto per citarne uno), e sono quindi molto ostici da identificare. Non ci resta che affidarci al vaccino Pfizer-BioNtech.
Complimenti per l’articolo!
Grazie infinite per la risposta sintetica e allo steso tempoin piena linea con ratio e spirito dell’articolo! Complimenti a te per aver colto i legami fra le varie “dimensioni” del problema, anzi dell’inviluppo degli stessi! Nel quadro complessivo si legherà anche il Contact Tracing, spero il prma possibile per completare l’arsenale complessivamente schierato contro il nuovo “mostro”.
Infine anche un coordinamento più effective fra tutti gli Stati sarebbe utilissimo.