Il nostro modello precedente cercava di rendere conto dell’evoluzione della patologia, analizzando quanti fossero gli infetti giorno per giorno, con lo scopo di prevedere il picco dell’infezione. In termini tecnici, si definiva un modello di tipo SIR (Suscettibili, Infetti, Recuperati) modificato per adattarsi alla realtà specifica della pandemia. La modifica principale riguardava l’introduzione di un parametro che portava ad una riduzione nel tempo dell’indice di trasmissibilità Rt, al fine di replicare le misure di restrizione messe in atto.
Possiamo dire di aver individuato il picco entro un ragionevole margine di errore e di aver fatto decisamente meglio dell’istituto superiore di sanità.
Ma si trattava di una soluzione molto elementare, quasi rozza: in effetti, esso ci permetteva soltanto di capire quante fossero le persone effettivamente infette in un dato momento. Nella prima ondata, in cui i casi avevano spesso un decorso grave, quando non infausto, questo dato poteva bastare. Oggi le cose stanno in modo un po’ diverso.
Il numero di tamponi molto più alto, la maggiore efficacia terapeutica e, in generale, una gestione della patologia più evoluta ha permesso di ridurre grandemente l’incidenza di casi gravi e decessi rispetto ai positivi, soprattutto perché oggi si individuano molti più casi asintomatici e la diagnosi avviene più precocemente. Tutto ciò rende il numero di infetti attivi meno direttamente significativo rispetto ad altri parametri ben più importanti, come i ricoverati in ospedale, i pazienti in terapia intensiva e i deceduti.
Non solo: si sono evolute anche le soluzioni di epidemiologia statistica applicate alla pandemia e non potevamo non tenerne conto. Abbiamo scelto di basarci sul modello epidemiologico attualmente in uso in Germania (qui il paper su medrXiv), articolato su 8 equazioni differenziali e 13 parametri liberi.
Purtroppo non abbiamo gli stessi dati su cui possono contare i colleghi tedeschi. In particolare, possiamo determinare, più o meno, quanti siano i posti totali in terapia intensiva: 6.500, secondo quanto riportato dal Sole24ore, che sono comunque meno delle diecimila promesse, ma nessuno dice quanti posti siano già occupati dai pazienti non-Covid, il che rende molto aleatoria ogni valutazione del livello di saturazione di questi reparti.
Quello che possiamo fare è definire un parametro per valutare il passaggio dalla categoria degli infetti a quella dei guariti.
Lo schema qui riportato formalizza l’evoluzione della patologia: si passa dalla categoria S (suscettibili di infezione, ossia tutta la popolazione non immunizzata o attualmente infetta) alla I (infetti, di qualsiasi tipo). Gli infetti possono passare direttamente alla categoria R (recuperati, ossia guariti: questo gruppo comprende anche gli asintomatici totali) o alla H (ospedalizzati). A loro volta, gli ospedalizzati possono guarire e passare a R o aggravarsi e passare a C (terapia intensiva). Da qui, si entra in R o in D (deceduti). Il sistema prevede 6 equazioni differenziali e 7 parametri liberi, che definiscono i rapporti tra questi gruppi, evidenziati nello schema sottostante dalle frecce nere.
Presto pubblicheremo il paper completo sul nostro modello nella knowledge base, in cui spiegheremo in maggior dettaglio i metodi utilizzati per determinare i parametri. Possiamo però fornire sin d’ora alcune delucidazioni.
Le previsioni sono ottenute secondo due scenari differenti: il parametro gamma varia tra 1/3 (scenario 1) e 1/10 (scenario 2). Gamma^{-1} è il tempo medio richiesto per passare dalla categoria infetti direttamente alla categoria guariti. Un soggetto con sintomi lievi o senza sintomi, che si mette immediatamente in auto-isolamento, ai fini del nostro modello è a tutti gli effetti equivalente ad un guarito, poiché non può più infettare altre persone e i suoi tempi di recupero sono molto rapidi. In questa ipotesi gamma^{-1} sarebbe un numero molto piccolo, vicino allo 0. Per una persona con sintomi più severi (rimanendo nell’ambito di persone che non ricorrono a cure ospedaliere) il tempo di recupero potrebbe essere più lungo ed arrivare fino alle 2 settimane. Per questi motivi analizziamo due casi, in cui i tempi di recupero medi sono pari a 3 e 10 giorni
Assunzioni del modello sui parametri
I parametri iniziali del modello sono impostati seguendo queste assunzioni:
- Il tempo di permanenza medio in terapia intensiva è 5-7 giorni
Fonte: Grasselli G, Zangrillo A, Zanella A, et al. Baseline Characteristics and Outcomes of 1591 Patients Infected With SARS-CoV-2 Admitted to ICUs of the Lombardy Region, Italy. JAMA. 2020;323(16):1574–1581. doi:10.1001/jama.2020.5394
- La mortalità in terapia intensiva è tra 25%-40%.
Fonte: Med4Care
- I giorni di ricovero in totale sono mediamente 12.
Fonte: Ars Toscana
Tramite il fit con algoritmo di ottimizzazione, questi parametri vengono riadattati alle curve osservate negli ultimi giorni. La scelta dei parametri iniziali è importante per assicurarsi che la soluzione ideale (matematicamente chiamata minimo locale) possa trovarsi nell’ambito di parametri ragionevoli.
Gran lavoro complimenti io la scorsa pandemia avevo iniziato a seguire i dati con 2 modelli uno Multilogistico del tipo quello che utilizza Ing. Del Vecchio basato sul sw LogLet . IL mio metodo si basa invece su somme di tangenti iperboliche opportune. Ho anche usato una logistica complessa del tipo funzioni di Tsoularis e il modello prevedeva troppi infetti e ho dovuto studiare qualche compensazione. Ho la teoria quasi pronta ma per ora la utilizzo nei miei lavori di Time scheduling. Comunque complimenti.
Salve Signor Giuseppe,
la ringraziamo per il commento e per l’interesse mostrato.
La differenza sostanziale tra un modello epidemiologico e l’interpretazione dei dati con una certa curva matematica (che sia una logistica, una combinazione di logistiche e un’altra funzione matematica) è che il 2° metodo ha scarso potere predittivo.
Un modello epidemiologico è in grado di cogliere le dinamiche che avvengono all’interno del sistema, poiché le diverse categorie sono collegate fra loro. Al contrario, queste connessioni si perdono quando si prova ad interpretare i dati con una funzione matematica.
Abbiamo verificato durante la prima ondata che la curva logistica può, in prima approssimazione, andare d’accordo con i dati a posteriori, una volta che l’epidemia si è stabilizzata e che la curva cumulativa ha ragginuto il plateau. Tuttavia, tutti i modelli basati sulla logitstica, non sono riusciti a prevedere in modo corretto il picco della prima ondata, nè a livello temporale nè a livello di numeri assoluti