Il recente scambio epistolare tra l’attuale presidente del Consiglio e un (sedicente) bambino di cinque anni residente nella ridente (speriamo per lei) cittadina di Cesano Maderno, ha fatto notizia su tutte le principali testate (qui, Repubblica). La storia, a uso di chi leggesse queste righe di ritorno dall’Antartide, è presto detta. Il piccolo Tommaso avrebbe inviato alla citata figura istituzionale una missiva piena di ambasce per la sorte di Babbo Natale, temendo che le restrizioni profilattiche avrebbero potuto colpire anche la venerabile e munifica missione del gagliardo vegliardo. Tommaso sembra dotato di una scrittura precisa ed efficace, tale da suscitare qualche dubbio sulla possibilità che un simile testo possa essere stato prodotto da un fanciullo così piccino, ma da non lasciarne nessuno sul fatto che non possa essere frutto della penna di Casalino; soprattutto, sembra assai zelante nell’assicurare la corretta profilassi al canuto dispensatore di doni, in particolare per quanto riguarda la disinfezione delle mani.
A tutto ciò, il nostro primo ministro risponde tirando fuori dal taschino, insieme alla pochette, una risposta che gioca su tutti i toni del caso. Inizia con l’autorevolezza dell’uomo delle istituzioni, che parla a tu per tu con i grandi della Terra, Babbo Natale compreso (“mi ha garantito che possiede un’autocertificazione internazionale”) e coglie l’occasione per dispensare consigli utili, a partire da questo accesso privilegiato (“mi ha poi confermato che usa sempre la mascherina e mantiene la giusta distanza per proteggere se stesso e tutte le persone che incontra”). Prosegue mostrando la dovuta soddisfazione nei confronti di un cittadino modello (“sono contento di sapere che tu e i tuoi compagni rispettate con scrupolo tutte le regole”), per passare subito dopo al tono compiacente dell’uomo che può intercedere rivolgendosi alle persone giuste (“gli ho raccontato [a Babbo Natale!] che quest’anno in Italia è stato un anno molto difficile e tu e tutti i bambini siete stati adorabili”). Conclude assumendosi un solenne impegno: “a cacciare via il coronavirus ci riusciremo noi adulti, tutti insieme”. Meno male, stavamo cominciando a pensare che chiedere a Babbo Natale non fosse poi un’idea così malvagia.
Ora, è facile ironizzare su un capo di governo di un grande paese occidentale che sfrutta la credibilità di Babbo Natale e che usa con un bambino di cinque anni lo stesso registro con cui si rivolge alla Nazione, mostrando con chiarezza quale fosse, fin dall’inizio, il suo interlocutore tipo. Ma qui, forse, può essere più interessante interpretare questo testo alla luce del commento migliore che mi sia capitato di leggere, quello, lapidario, di Socialisti gaudenti: “Merkel avrebbe risposto che Babbo Natale non esiste”.
Ecco, il punto è proprio questo, e non per decantare una volta di più i meriti del governo tedesco rispetto al nostro. Il punto è questo perché, fin dall’inizio di questa ondata, sembra che i reggitori del popolo italico abbiano deciso di ispirarsi al modello teutonico. L’esempio perfetto è il discorso della Kanzlerin in cui il 28 ottobre veniva annunciato il lockdown parziale sul territorio nazionale per frenare l’epidemia, proteggere il sistema sanitario e soprattutto evitare di rendere impossibile il programma di tracciamento, ripreso a modo sua da Conte il 3 novembre.
Ora, anche il nostro ha cercato di indossare i panni dello statista attento al metodo scientifico ma, invece di usare i toni della chiarezza e della persuasività per convincere un popolo adulto, tedesco ed europeo (“siamo il continente dell’illuminismo”), ha fatto ricorso a bastone e carota, dichiarando chiusure che erano quasi aperture e aperture che erano quasi chiusure, il tutto con una vaga nube di indicazioni ed esortazioni. Nella sostanza, tutto ciò è servito a introdurre un sistema di chiusura su scala regionale che sembra imitare il modello tedesco. Sembra, perché ci sono tre differenze fondamentali.
In primo luogo, la scala territoriale: come osservavamo in un articolo del 19 maggio, in Germania i territori per i quali decidere le eventuali restrizioni sono i Kreise, entità molto più piccole delle province (il territorio federale è diviso in 416 di queste unità, le province italiane sono 107). Come dicevamo,
Questo è un aspetto molto importante, dato che un sistema di allarme di questo genere è tanto più efficace quanto più localizzato, sia perché così si limita l’impatto delle eventuali misure di chiusura, sia perché in questo modo i possibili nuovi focolai vengono individuati e (auspicabilmente) neutralizzati quando sono ancora ragionevolmente piccoli.
Dovrebbe essere chiaro che prendere decisioni del genere su scala regionale non ha senso, dato che i focolai possono avere tutto il tempo di espandersi a livello locale e persino provinciale. Per meglio dire, ne ha solo in quanto ci si spartisce l’assunzione di responsabilità tra governo centrale e giunte regionali e in questo modo, più che quello epidemiologico, si abbassa il rischio politico.
Passando al secondo punto, ha ancora meno senso l’adozione di 21 parametri collegati da un algoritmo che sembrerebbe uscito direttamente da Brazil se Terry Gilliam fosse un maresciallo dei carabinieri. I tedeschi, popolo notoriamente privo di fantasia, si sono limitati a una soglia: 50 nuovi casi per 100mila abitanti nell’ultima settimana, perché si tratta di decisioni da prendere rapidamente per attivare il Notbremse (freno d’emergenza) appena serve, senza scartabellare documenti. Ma anche qui un criterio oggettivo non permetterebbe scappatoie e negoziati.
Infine, la differenza più importante: i tedeschi si sono inventati il modello locale, ma per il momento hanno deciso di sospenderlo. Gli attuali provvedimenti sono su scala federale e si vedrà al momento opportuno quando tornare al precedente, perché al momento i contagi corrono dappertutto. L’Italia, che nella prima fase aveva chiuso allo stesso modo regioni in preda all’epidemia e aree a contagio zero, scopre il fascino della localizzazione proprio adesso che non è il caso. A meno che lo scopo non sia quello di far virare gradualmente tutte le regioni verso il rosso, in modo da evitare, ancora una volta, di prendersi eccessive responsabilità.
Caro Presidente Conte, ho superato i cinque anni già da un po’, ma la prego di ascoltarmi lo stesso: Babbo Natale non esiste, me lo ha detto Merkel. Le chiedo solo un favore, la prossima volta che copia, cerchi di impegnarsi un po’ di più.