Il politico che non decide è un politico irresponsabile
Nelle situazioni di crisi il mestiere della politica si fa difficile, da far tremare i polsi. Perché esso consiste esattamente nel prendere decisioni per il governo della convivenza che avranno un impatto su tutta la comunità. Quando poi la crisi riguarda un evento tragico e complesso come la pandemia da virus SARS-COV-2 che il mondo si trova a dover fronteggiare, il tutto si fa ancora più inquietante.
C’è tuttavia un’altra concezione della politica che si è fatta strada ahinoi al punto da apparire, almeno per i più, ovvia, e indiscutibile: il mestiere della politica, secondo questa concezione, non consisterebbe nel prendere decisioni per il governo della convivenza, ma nel conquistare e mantenere il maggior consenso possibile.
Il politico che fa propria questa seconda, assai più misera, concezione, studierà ogni sua mossa in funzione del consenso. Sicché in situazioni difficili come quella che stiamo vivendo, che richiedono per definizione l’ideazione e l’adozione di strategie e di azioni rapide e incisive, e spesso impopolari, il politico tenderà a non decidere, o a far finta di decidere, ricorrendo a proclami, alla retorica dei sommi principi, ai richiami alla solidarietà nazionale, alla promessa di una grande vittoria finale sul male, sempre vaga e indeterminata nel tempo, e a rinviare in concreto qualsiasi decisione.
Quel che sta accadendo in Italia, e non solo, risponde purtroppo a questo paradigma: non si scorge una classe politica di spessore, capace di pensare a decisioni impopolari per non essere antipopolari, secondo la lezione di Marco Pannella. Trascinata a deliberare un draconiano lockdown più dal dilagare incontrollato dell’epidemia che da una ragionata considerazione dei fatti e delle conseguenze, non fa che promettere (daremo subito soldi, attrezzeremo ospedali, attueremo un piano sanitario di emergenza, ecc…) senza poter mantenere, e procrastinare. Daremo subito soldi a tutti, tutti quelli di cui ci sarà bisogno: chi potrebbe dissentire? Di fatto, quali “soldi” sono stati effettivamente dati e a chi? E dal punto di vista sanitario: assistiamo al quotidiano alternarsi di messaggi consolatori (il picco è vicino, da almeno due o tre settimane) e di colpevolizzanti allarmismi (i droni a sorvegliare parchi e spiagge), in assenza di un piano d’azione organico che consenta di disegnare una strategia di contenimento a lungo termine, come questa pandemia richiede, che non si riduca però al semplicismo insostenibile di un lockdown totale che ci condurrebbe (e ci sta conducendo già) al disastro.
Si dirà che un politico, per quanto di spessore e votato al maggior bene della comunità, anziché al semplice accrescimento del consenso, non può riunire in sé le competenze necessarie per prendere decisioni così difficili e così importanti. Vero. Ed è per questo che un politico responsabile in situazioni come questa si sceglie i consiglieri migliori, i tecnici più adatti a informarlo, a supportarlo, a suggerirgli scenari alternativi, ad aiutarlo a giungere, esito inevitabile di ogni processo decisionale, alla valutazione finale del rapporto costi/benefici delle alternative praticabili. Un team di competenti, in tutte le discipline utili e necessarie, che lo accompagni fin sulla soglia delle decisioni: che toccherà a lui, o a lei, prendere.
Non è così. Il nostro Governo è andato stratificando nel corso delle ultime settimane commissioni e task force, consulenti e consiglieri di ogni ramo del sapere: dai virologi ai sanitari, dai comunicatori agli economisti, dagli organizzatori ai manager. Tutto ciò non produce decisioni. Diventa anzi, paradossalmente, un ulteriore alibi che la politica si dà per giustificare, sotto l’apparenza di un frenetico indaffararsi, un irresponsabile scaricabarile. Seguiremo le indicazioni dei nostri esperti virologi. Già. E perché mai? E le ragioni dell’economia? Abbiamo nominato un Commissario straordinario per l’Emergenza nella persona di Domenico Arcuri. Bene: per fare cosa? Abbiamo istituito una task-force per la fase 2 diretta da Vittorio Colao. Già. E visto che arrivano critiche anche sulla comunicazione, viene istituita una task-force contro le fake news sul virus diretta da Riccardo Luna. Ottimo. Abbiamo un gran team. E quali sono le decisioni che la politica ha sin qui preso sulla gestione dell’epidemia, sull’economia, sulla comunicazione? Nessuna. Di decreto in decreto si proroga di due o tre settimane il lockdown, ci si trastulla su banali quando non ridicoli pseudo-problemi (apriamo le librerie perché fanno cultura, e i negozi di vestiti per bambini perché quelli crescono e cambiano di taglia, ma i sexy-shop no), si promettono fantastiliardi a tutte le categorie, senza che nel frattempo sia arrivato nelle tasche di chi ha bisogno un solo centesimo, solleticando lo spirito nazionalistico che sembra essersi impadronito di tutti gli schieramenti, al grido di No al MES, con maggioranza e opposizione che litigano non già per sostenere posizioni diverse, ma per rivendicare la maggiore o minore coerenza e durezza nel propugnare la stessa identica posizione, quella cioè di sostenere l’insostenibile: esigere dall’Europa di avere tutti i soldi che servono, e di averli con la garanzia degli altri membri della comunità finanziariamente più solidi di noi, con la pretesa però di disporne senza alcun obbligo di rendiconto. E così contribuendo al colpevole e, in questa situazione, criminale protrarsi di una stasi che rischia di condurci al baratro.
Tecnici dalle mille certezze
Siano essi scienziati, virologi, economisti, manager, comunicatori: no, non sono affatto esenti da responsabilità. Se la politica ha buon gioco a usarli per scaricare su di loro la propria incapacità decisionale, è anche perché questi tecnici si prestano a dare spalla a questo pericoloso gioco. Ecco allora che assistiamo all’alternarsi di questi personaggi nei vari talk-show, in gara l’uno con l’altro, spesso contrapponendosi e polemizzando tra loro, di fatto aumentando la confusione a cui i cittadini si trovano consegnati. Tradendo il loro stesso essere uomini e donne di scienza, si prestano a svolgere il ruolo di dispensatori di ricette risolutive e certe a favore di telecamera: non importa poi che queste risultino in contraddizione tra loro, e spesso anche con quelle in precedenza propugnate dalla stessa persona. L’importante è fare sfoggio arrogante della propria scienza come certezza, da contrapporre alla labile opinabilità di ciò che non è scientifico.
Così si compie l’ennesima trahison des clercs, che, chiamati dal potere ad affiancarlo, e sedotti da questo, si fanno essi stessi propugnatori di quanto di più lontano ci possa essere dal vero spirito scientifico, che ha come suo centro non la certezza, ma il dubbio, fino a fare della falsificabilità di ogni tesi il criterio principe della scientificità di ogni informazione. Venendo meno al loro compito di lavorare per supportare le decisioni della politica, si fanno propagandisti di un’idea della scienza che più antiscientifica non si può, così consentendo a una politica imbelle di sottrarsi alla sue responsabilità.
L’irresponsabilità immobile della politica unita al saccente chiacchiericcio dei battibecchi tra scienziati, non può che produrre confusione, che è il contrario della conoscenza. E se la conoscenza ci protegge dalla paura, la confusione non fa che accrescerla. Fino a un po’ di tempo fa avevamo paura del contagio. Adesso abbiamo paura sia del contagio che del nostro futuro (sempre più presente) economico. Con qualche segnale che annuncia una paura ancora più grave: la paura per la tenuta stessa del tessuto sociale, dei diritti, della libertà, della democrazia. Da emergenza sanitaria, a emergenza economica, a emergenza democratica.
Vi offriamo un po’ di dubbi
Su CoVstat_IT, un progetto nato dalla passione per la conoscenza che difende dalla paura di un team di scienziati giovani quando non giovanissimi, non troverete mai ricette. Troverete però domande, un sacco di domande, quelle che nascono dalla lucidità di chi, anziché farsi distrarre dalla confusione, cerca di concentrarsi sui fatti, sui dati disponibili, sui fenomeni, per provare a comprenderli, guardandoli da più punti di vista, per cavarne scenari plausibili, ipotesi di lettura e di soluzione. Tutto con due finalità: 1) essere di supporto per tutti i cittadini che vogliono avvalersi delle nostre elaborazioni e idee per saperne un po’ di più, e così sottrarsi alla confusione che regna sovrana; 2) essere di supporto, certo non richiesto, a chi deve prendere decisioni. Aspirazione velleitaria, probabilmente. Cionondimeno secondo noi doverosa.
Qui di seguito allora i dubbi di cui ci siamo nutriti e che abbiamo provato a dispensare nel corso della settima, riepilogati perché possiate rifletterci anche voi, sottraendoci almeno per un po’ alle paure.
La situazione epidemiologica
Cosa ci dicono i nostri modelli su questo aspetto chiave della situazione?
Il picco dei contagi è per ora confermato: 11-17 aprile
Anche stando agli ultimi dati il picco dei contagi sintomatici (sintomatici totali meno guariti e meno morti) su scala nazionale si conferma tra l’11 e il 17 aprile, proprio in questi giorni, dovremmo esserci a cavallo. Da qui dovremmo assistere finalmente non più soltanto ad un rallentamento della crescita dei contagi, ma a una sempre più consistente diminuzione dei contagi stessi, con la progressiva fuoriuscita dalla fase di emergenza sanitaria. Coerentemente la previsione dei picchi per le singole macro-aree in cui abbiamo organizzato l’analisi di livello regionale presenta per centro sud e isole dei punti di picco spostati più avanti nel tempo, di circa 5-15 giorni, su livelli di contagio molto più bassi.
A fronte di tutto ciò non possiamo però nascondere un’inquietudine di fondo che riguarda i dati che continuano a provenire dalla Lombardia: situazione che occorre tenere d’occhio in maniera particolare, poiché in quella regione il contagio continua a manifestare fenomeni di resipiscenza preoccupanti.
R0 (spiegato bene) e il suo andamento
Abbiamo aggiornato il metodo di calcolo del fattore R0: abbiamo tutti imparato che perché un’epidemia diminuisca e auspicabilmente scompaia questo fattore deve avere un valore inferiore a 1. Il Project leader di CoVstat_IT Vincenzo Nardelli, con Andrea Palladino, ne hanno approfittato per fare chiarezza su cos’è e come si calcola R0. Il suo valore sta calando, ma è ancora troppo sopra 1, e negli ultimi giorni sta mostrando segnali di stasi che vanno tenuti d’occhio.
Troppi morti, pochi guariti, e Terapie Intensive a posto?
C’è un grafico in cui, più che in ogni altro, le nostre previsioni sembrano essere in totale disaccordo con la realtà, ed è quello relativo al tasso di saturazione dei posti ti Terapia Intensiva disponibili, specie nell’Area A, quella più colpita. Come sappiamo la Terapia Intensiva, a cui ricorrere tempestivamente, è la chiave per la guarigione di una significativa parte dei contagiati sintomatici, quelli con sintomi più gravi. Accenniamo qui soltanto al fatto che una migliore gestione della medicina di territorio, come ricorda il dottor Claudio Cappelli (autore anche di una preziosissima guida all’Uso razionale delle mascherine), informandoci della istituzione delle USCA (Unità Speciali di Continuità Assistenziale) da parte dei medici di famiglia, avrebbe condotto a un minor numero di urgenze. Sta di fatto che la lettura unanime dell’inatteso decremento dei fabbisogni di Terapia Intensiva rispetto alle previsioni, perfino per la Lombardia, è in chiave ottimisticamente positiva. A noi, che leggiamo quel dato contestualmente al testardo collocarsi sopra ogni media plausibile del numero dei morti, e al contestuale e sempre più evidente troppo basso numero di guariti, non può non venire un dubbio, corroborato da notizie raccolte sul territorio di prima mano, che parlano di posti teoricamente disponibili di Terapia Intensiva, ma di fatto inutilizzabili stante la mancanza, di volta in volta, della attrezzature necessarie per ogni postazione e, in misura ancora maggiore, del personale specializzato necessario a utilizzarle efficacemente: non sarà forse che la soglia massima della reale disponibilità di posti effettivi di Terapia Intensiva è stato raggiunto, e persone che ne avrebbero bisogno vengono sub-ospedalizzate o, peggio ancora, lasciate a morire a casa?
Un’ipotesi inquietante quest’ultima, che però le notizie che vanno via via emergendo su quanto sta accadendo da tempo nelle case di riposo per anziani non aiutano certo a trascurare. Tanto più che, a voler prestare attenzione agli Indici di Mobilità recentemente resi disponibili da Google per ogni singolo Paese sembrano mostrare addirittura una correlazione inversa (ancora tutta da calcolare, beninteso) tra entità delle misure di restrizione delle possibilità di uscita da casa e andamento della mortalità da COVID-19, come ho cercato di mostrare nel Forum (Restrizioni alla mobilità, tasso di decessi, impatto sull’economia), a cui vi invito a contribuire partecipando alle discussioni aperte, o aprendone di nuove.
La situazione economica e sociale
La questione del Piano Marshall
Già due settimane fa contrapponevamo un approccio da Piano Marshall alle ricette convergenti del populismo nazionalista e del monetarismo bancario alla Draghi (stampiamo tutti i soldi che servono, per darli a tutti a prescindere, whatever it takes, per tirarci fuori dalla crisi, poi si vedrà, approccio da me criticato qui). Ora che come espressione gergale sembra essere sulla bocca di tutti, abbiamo ritenuto opportuno chiarire che cosa davvero fu il Piano Marshall: un ragionato e tutt’altro che incondizionato piano di fornitura di asset (e non di “soldi”!) ritenuti vitali per la ricostruzione (dai carburanti alle farine, dai materiali per l’edilizia alle macchine per la manifattura, dai contenuti di formazione al training professionale), con una regia ben coordinata e una catena di comando condivisa e autorevole. Per arrivare a dire (i dubbi, di nuovo) che se questo ci pare l’approccio più sensato, non possiamo nasconderci le difficoltà relative al fatto che non si capisce bene chi oggi potrebbe assumere credibilmente la leadership indispensabile per la sua realizzazione: non gli USA né tantomeno gli altri Stati nazionali, non fosse altro che per la scala dei problemi da affrontare. Chi dunque? Un soggetto, magari europeo, di scala almeno sovranazionale, tutto da creare? O chissà, forse le grandi corporations del digitale, il cui attivismo in materia di COVID-19 si sta facendo notare negli ultimi giorni? E con quali rischi? Su questi temi fondamentali i contributi di Stefano Tombolini (primo, secondo e terzo articolo di tre) e di Nane Cantatore (Piano Marshall, fondi pubblici e beneficienza).
Comunicazione e propaganda
La prima fake news di cui potrebbe forse utilmente occuparsi la task force ad hoc istituita dal governo dovrebbe riguardare quella che per tutta la giornata di Pasqua è stata spacciata da testate autorevolissime (?) come dimostrazione della indisciplina degli italiani, e dei romani in particolare, finché non si è scoperto che quell’unica coda in tangenziale, in quell’unico tratto, era in realtà provocata dai rallentamenti dovuti a un posto di blocco, e non, come molti avevano titolato, alla gita fuori porta clandestina in spregio delle norme.
Cui prodest una propaganda che tende a usare i media per addossare all’indisciplina dei cittadini quelli che appaiono oggettivi insuccessi delle misure sin qui intraprese? Come può un cittadino che ragiona sottrarsi alla suggestione di un servizio al TG Nazionale che mostra un elicottero e un battaglione di polizia schierato a circondare un condominio, in cui una dozzina di inquilini aveva organizzato il pranzo di Pasqua all’aperto, sul tetto di casa loro, per poi procedere al sequestro delle attrezzature da barbecue? E come può accadere che nessuno ponga la domanda del come possa un tale comportamento posto in essere 24 ore fa a Palermo avere influenza sui dati ancora troppo inquietanti che provengono dalla Lombardia in relazione ai decessi?
L’analisi del rito della lettura dei Bollettini delle ore 18 condotta da Nane Cantatore, unitamente alla rinnovata sentiment-analysis effettuata da Alice Giampino sulla conferenza stampa del Premier del 10 aprile, aiutano a coltivare anche questo genere di dubbi. Dubbi dai quali soltanto, richiedendo approfondimento, può provenire la consocenza, quella che davvero può difenderci dalla paura.
“Come può un cittadino che ragiona sottrarsi alla suggestione di un servizio al TG Nazionale che mostra un elicottero e un battaglione di polizia schierato a isolare un condominio in cui una dozzina di inquilini aveva organizzato il pranzo di Pasqua all’aperto, sul tetto di casa loro? ”
Le grigliate sui tetti: il nuovo inquietante problema di Palermo (ché ormai il traffico ce lo siamo lasciato alle spalle…).