Fase 1 e Fase 2, e tutti noi nel mezzo

Com’è andata la Fase 1?

Previsione CoVstat_IT 17 aprile, picco effettivo 19 aprile 2020

La fase 1 sembra finalmente superata: il picco dei contagiati attivi (totale dei contagi rilevati, meno quelli che tecnicamente vengono definiti rimossi, ovvero guariti più deceduti) è stato toccato il 19 aprile scorso (così lo ha annunciato Andrea Palladino, il 20 aprile), con 108mila contagiati attivi (e sì, CoVstat_IT ha sbagliato clamorosamente: avevamo previsto con un mese e mezzo di anticipo che il picco sarebbe arrivato entro il 17 aprile, un errore di ben due giorni!) e ora è iniziata la fase di diminuzione netta dei contagiati attivi. Com’è andata?

La Fase 1 è stata quella del primum vivere. Dovevamo a tutti i costi rallentare il contagio, contenerlo, limitarlo. Per due ragioni fondamentali:

  1. scongiurare il collasso del sistema sanitario, e in particolare quello degli ospedali;
  2. evitare l’espansione incontrollata del virus dai focolai originari (l’area di Codogno e della bassa lombarda in Lombardia e l’area di Vo’ Euganeo in Veneto) ad altre aree del Paese.

Il Contenimento

In maniera piuttosto schizofrenica, si è passati da un messaggio rassicurante iniziale (da parte dei politici, ma va detto, anche da parte di molti degli “scienziati ufficiali”), fatto di l’Italia non è a rischio, di la mascherina non serve, di video promozionali su Milano non si ferma, di spritz ai navigli eccetera, a un provvedimento senza precedenti: un lockdown totale e indifferenziato su tutto il territorio italiano. Un provvedimento accompagnato da discutibili regole e regolette del tutto prive di una oggettiva razionalità preventiva: stare continuativamente chiusi in casa, o in fabbrica, o in ospizio, o in ospedale in più persone è certamente condizione più favorevole al contagio che non una bella passeggiata nel parco, a patto di mantenere un’adeguata distanza dalle altre persone. Eppure l’enfasi è stata ovunque posta sul restare al chiuso, al grido di #iorestoacasa, quando sarebbe stato preferibile un più corretto #iotengoledistanze. Dal punto di vista epidemiologico il lockdown ha avuto senza dubbio un effetto di contenimento, altrimenti non staremmoqui a parlare di fine della fase 1, ma a che prezzo? Poteva una maggiore attenzione all’andamento del contagio sui diversi territori condurre a una più flessibile e meno costosa politica di contenimento differenziato? Gli esempi che ci arrivano da altri paesi, e soprattutto dalla Germania (vedi le analisi comparative di Marco Rao sull’andamento di R0 e sugli indici di guarigioni e decessi nel mondo) rendono plausibile il dubbio. Così come peraltro la diversa gestione posta in atto nel Veneto, coi suoi positivi risultati, dimostra.

Il sistema sanitario e le terapie intensive

Qui si sono registrati i maggiori insuccessi: complice anche l’aver trascurato totalmente il ruolo che avrebbe potuto svolgere la rete dei Medici di Famiglia, a cui non sono stati fatti pervenire né i Dispositivi di Protezione Individuale atti a consentire il trattamento dei pazienti a domicilio, né protocolli chiari e univoci di rilevamento extra-ospedaliero dei contagi, per almeno due settimane gran parte delle regioni del nord (Veneto escluso) si sono trovati in una situazione di conclamata insufficienza rispetto alle necessità di ricovero da COVID-19, e in particolare rispetto alle necessità di ricoveri in Terapia Intensiva. Tanto da far rilievare tassi di mortalità decisamente su cui si sta cominciando solo ora a fare chiarezza.

Tutto da misurare, inevitabilmente a posteriori, l’impatto negativo che la totale clausura imposta, unitamente alla congestione COVID19-centrica delle strutture ospedaliere, ha probabilmente avuto sull’andamento di patologie diverse: da quelle di tipo psichiatrico, a quelle di trattamento ospedaliero ordinario, che hanno dovuto subire presumibilmente aggravamenti a causa della indisponibilità delle strutture.

L’impatto sull’economia

Qualunque cosa si pensi circa le scelte fatte nella direzione di un draconiano fermi tutti, coi risultati positivi e negativi che sul piano epidemiologico hanno avuto, è fuori di dubbio il fatto che abbiano comportato già ad oggi un pesantissimo danno all’economia del Paese. Circolano da più parti stime e numeri, ma crediamo di non essere lontani dal vero nel valutare che quel che è accaduto fin qui (al netto di quel che dovrà accadere) potrebbe provocare la perdita secca di due mesi del PIL annuale, ovvero una riduzione del PIL atteso di circa il 16-17%. Insomma, un disastro, con cui occorrerà fare i conti, e da subito, cominciando col cercare di conoscere (la conoscenza ci difende dalla paura, anche in economia!) la reale entità e le caratteristiche dei problemi da affrontare.

Fase 2: conta il Come, non il Se, o il Quando

Il dibattito politico, mediatico e sociale si è attardato a lungo sul se e sul quando di un avvio della cosiddetta Fase 2. Domande evidentemente del tutto irrilevante: quanto al se perché non vi è dubbio che una situazione di lockdown totale e generalizzato quale quella ancora in atto non può essere prolungata oltre, pena ripercussioni irreversibili sul piano psicologico, comunitario, economico, e anche della stessa salute, in nome della quale lo si è posto in atto. Non meno irrilevante è di conseguenza il dibattito sul quando, su cui pure si sono sentite le voci più disparate, ancora una volta non solo da politici, ma anche da più o meno litigiosi scienziati, arrivati a ipotizzare un blocco allo stato attuale di altri due, tre, sei mesi, fino ad ipotizzarlo prolungabile fino alla fine del 2020. Questa follia sembra per fortuna scongiurata. Tempo di concentrarsi sul Come, in vista del quale Nane Cantatore ha gettato le basi di quella che sarà l’ulteriore evoluzione dei dati, delle elaborazioni, della comunicazione con cui CoVstat_IT intende accompagnare anche l’ormai prossima Fase 2, auspicando una rapida uscita da una logica di pura emergenza che non consente di ragionare e organizzare, e mettendo in guardia dai rischi, anche di ripartenza del contagio, che una fase 2 troppo e quasi solo concentrata sul riaprire le fabbriche, potrebbe presentare.

Se nel corso della Fase 1 CoVstat_1 ha offerto elaborazioni e informazioni concentrandosi sulla individuazione di un probabile punto di picco, e sul controllo dell’andamento dell’aspetto sanitariamente più critico, quello delle Terapie Intensive, spingendosi fino a offrire un calcolo dei picchi, della saturazione delle Terapie Intensive e del fattore R0 su base non soltanto nazionale, ma anche regionale, che cosa può offrire di utile in vista dalla Fase 2? Quale sarà l’evoluzione di CoVstat_IT già dai prossimi giorni?

La nostra visione

La visione che ci guida è sempre la stessa: la conoscenza ci difende dalla paura. Quale conoscenza ci serve ora? Quali sono le incognite chiave su cui cercare di fare luce preventivamente, nei limiti del possibile, supportando idee, riflessioni e, per chi deve prenderle, decisioni con una corretta considerazione dei dati disponibili per cavarne ipotesi previsionali significative?

R0 per Regione

  1. Superato il picco dei contagi, il virus resterà comunque tra noi, ancora lungo. Questo significa che si tratterà di aprirsi a un riavvio dei ritmi di vita quotidiani, nel lavoro, nella scuola, nelle attività quotidiane e di svago, tenendo conto delle possibilità di contagio, e governandole, accettando un certo livello di contagio, e mettendosi in grado di curare adeguatamente chi dovesse contrarre la malattia. Da questo punto di vista, un controllo su scala regionale, e se fosse possibile (non lo escludiamo ancora) su scala ancora più piccola, magari provinciale, dell’andamento di R0 potrebbe essere un utile strumento per tenere d’occhio le aree in cui intervenire per scongiurare il rischio di una ripartenza esponenziale dei contagi, che vanificherebbe i risultati sin qui ottenuti. Da questo punto di vista lo studio da parte del team scientifico sono molto avanzati, e stimiamo che in ogni area l’allerta dovrebbe accendersi all’approssimarsi di R0 a un valore di 1,1. Sarà di nuovo Andrea Palladino a presentare questo studio e le relative nuove elaborazioni nei prossimi giorni.
  2. Allo stesso modo l’andamento dei contagi giornalieri, al livello territoriale più piccolo possibile compatibilmente coi dati disponibili, ci consentirà di controllare che l’andamento della curva dei contagi in ogni area continui la sua discesa anche nel corso della ripresa progressiva delle attività, e che non riparta invece all’insù, di nuovo segnalando il rischio di una ripartenza esponenziale del contagio. A questo aspetto sta lavorando l’équipe di Vincenzo Nardelli, che presenterà presto i suoi risultati.
  3. Medicina di territorio, ospedali e terapia intensiva: l’istituzione delle USCA, sui cui andamento ci aggiorna Claudio Cappelli, dovrebbe consentire un’attivazione molto più efficiente della rete dei Medici di Famiglia, contribuendo ad alleviare la pressione su ospedali e Terapie Intensive: il controllo dell’andamento dei ricoveri, anche in questo caso al livello territoriale più piccolo possibile, consentirà verifica dinamica dell’effettiva efficacia delle USCA e della loro organizzazione. Perché l’Italia ha bisogno di migliorare, e nettamente, la sua performance di guarigioni, oggi la più scarsa nella comparazione internazionale.

Numero di guariti per ogni deceduto da COVID-19

C’è poi la questione del tracciamento, e della prematuramente (visto che la sua disponibilità è stata annunciata “in qualche settimana”…) famosa app dall’infelice nome di Immuni: perché chiamarla così quando sappiamo che a tutto potrà servire, tranne che a darci una immunità dal virus che ad oggi non sembra affatto a portata di mano? Gli aspetti di privacy e di quasi-obbligatorietà che l’architettura con cui è stata pensata non lasciano affatto tranquilli, e con buona pace di chi sbrigativamente, senza fare uno sforzo di conoscenza, se la cava raccontando a se stesso che tanto sarà come per i dati che regaliamo a Facebook, meritano di essere seguiti e approfonditi. In questa direzione una preliminare analisi di Immuni da parte di Stefano Tombolini, che dedicherà i suoi prossimi studi proprio all’approfondimento della questione del tracing, del tracciamento personale, sul crinale tra utilità a fini sanitari, tutela della privacy e tentazioni di obbligatorietà.

E sull’economia?

Stiamo cercando di individuare i set di dati più significativi per porre capo a elaborazioni utili, soprattutto in chiave nazionale, locale, microeconomica. Per fare questo occorre partire da una visione macroeconomica, quale quella a più riprese presentata da CoVstat_IT: la crisi economica pesantissima provocata dal virus è una crisi che già si annunciava, a causa della colpevole trascuratezza prestata dalle classi dirigenti ai rilevantissimi cambiamenti di paradigma già in atto. Una risposta meramente finanziaria alla crisi del 2008 non ha minimamente inciso sulla struttura dell’economia reale, largamente inadeguata rispetto ai cambiamenti richiesti dalla transizione al digitale e alla rete.

Ora questi cambiamenti, che occorrerà ben soppesare e realizzare in una situazione di emergenza, diventano obbligatori, ragione di vita o di morte per la sussistenza personale e familiare, e per la sopravvivenza delle imprese. Introdurremo progressivamente le nostre elaborazioni su questi aspetti, per seguire l’evoluzione reale dell’economia, l’individuazione del suo picco negativo, e quella dei fattori di cambiamento che potrebbero aiutare nella ripresa.

Uno sguardo con lenti progressive

Uno sguardo scientificamente rigoroso in grado di cogliere ad un tempo la dimensione più locale possibile, per orientare possibili interventi mirati e differenziati, e la dimensione più globale possibile, attraverso la considerazione degli andamenti comparabili sui parametri più significativi, è ciò che quasi naturalmente CoVstat_IT ha maturato nel corso di questo primo mese di lavoro. Ed è ciò che programmaticamente perseguirà anche nella ormai prossima Fase 2. Perciò, come si dice, stay tuned!

Info Autore
Senior Partner , Tombolini & Associati
Dirigente d’azienda fino al 1997. L’anno successivo fonda Esperya.com, “bottega online” ante litteram di specialità agro-alimentari. Nel 2006 fonda Simplicissimus Book Farm (ora StreetLib.com), piattaforma per la produzione, distribuzione e vendita di ebook e prodotti di editoria digitale. Nel 2019 fonda con altri tre soci e colleghi la Tombolini & Associati, startup innovativa a vocazione sociale, specializzata nella progettazione e implementazione di soluzioni digitali aperte e sostenibili.
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Senior Partner , Tombolini & Associati
Dirigente d’azienda fino al 1997. L’anno successivo fonda Esperya.com, “bottega online” ante litteram di specialità agro-alimentari. Nel 2006 fonda Simplicissimus Book Farm (ora StreetLib.com), piattaforma per la produzione, distribuzione e vendita di ebook e prodotti di editoria digitale. Nel 2019 fonda con altri tre soci e colleghi la Tombolini & Associati, startup innovativa a vocazione sociale, specializzata nella progettazione e implementazione di soluzioni digitali aperte e sostenibili.

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